Skip to main content

Il prezzo della fiducia

Per la prima volta dopo giorni, Lyra si sentiva quasi in equilibrio.
Non era pace, ma qualcosa di simile. Una tregua interiore. Il processo per Eira aveva aperto una ferita antica, ma aveva anche chiuso un cerchio. La memoria aveva parlato. E, per un istante, sembrava bastare.

Ma non del tutto.

Eloise era ancora in coma. Il suo respiro scandito da macchine silenziose, il suo volto pallido, immobile. Ogni volta che Lyra tornava nella clinica tra le montagne, rimaneva seduta per ore accanto al letto, le dita intrecciate a quelle della donna che aveva dato un senso a tutto quel caos. Eppure, da giorni, non piangeva più. Si sentiva vuota. Come se la parte più profonda di lei fosse sospesa in attesa di un segnale.

Nel frattempo, Elyas era diventato la sua ombra gentile.

La seguiva con discrezione, la supportava con precisione. Mai invadente, sempre presente. Era lì con una parola giusta, un gesto misurato, un consiglio che sembrava sempre quello più sensato. E Lyra, poco a poco, abbassava le difese. Si fidava. Si lasciava guidare.

Un giorno, durante una riunione del gruppo di coordinamento, Elyas propose di disattivare temporaneamente i nodi più esposti, quelli più fragili, per evitare nuovi sabotaggi. “Meglio ridurre la superficie d’attacco,” disse con calma. “Concentriamoci su pochi punti stabili, poi ripartiamo.”

“Tre nodi erano già stati oggetto di accessi non autorizzati. Una voce metallica aveva interrotto per pochi istanti una trasmissione, sussurrando: 'Stiamo arrivando'."

Nico scattò in piedi. “No. Non possiamo spegnere la voce di chi ha meno mezzi. È contro tutto ciò che siamo.”

“È una strategia temporanea,” ribatté Elyas, sereno. “Per proteggere la struttura.”

Gli occhi di Lyra si strinsero. Per un attimo guardò Nico. Poi Elyas.

“Lo facciamo,” disse infine. “Solo per quarantotto ore. Se la situazione si stabilizza, riattiviamo tutto.”

Nico si passò una mano tra i capelli, visibilmente scosso.
“Lyra, questa è una decisione che ci allontana da quello che abbiamo sempre difeso.”

Lei rimase in silenzio.

“Lo capisci almeno?” continuò Nico. “Che così stai silenziando le voci più fragili? Quelle per cui questo Tribunale esiste?”

Lyra abbassò lo sguardo per un istante. “È solo una misura d’emergenza. Per guadagnare tempo.”

“E se quel tempo costasse tutto?”

“Non tutto,” disse Elyas. “Solo il superfluo.”

Nico lo fissò, poi tornò su Lyra.

“Quindi non ti fidi più di me?”

“Non è questo.”

“Lo è. Ma va bene. L’hai deciso tu.”

Il silenzio che seguì era più duro di qualsiasi grido.

Nico uscì senza aggiungere altro. Camminò a lungo nei tunnel della miniera, fino a raggiungere il terminale di comunicazione isolato. Il canale che usavano solo per le emergenze mediche. Si sedette accanto al letto di Eloise. La guardò. Poi le prese la mano.

“Sono ancora qui,” mormorò. “Ma se non ti svegli... se non torni... questa volta la perdiamo.”

Avevano smesso di ascoltarsi. E quando si smette di ascoltarsi, anche la memoria vacilla.

Intanto, Lyra si preparava per una missione.

Un nodo in una zona remota aveva smesso di trasmettere. Nessuna comunicazione da ore. Si era offerta per andare lei stessa a verificare, accompagnata da Elyas.

“Meglio se ci andiamo in due,” aveva detto lui. “Meno visibili. Più agili.”

E Lyra aveva accettato.

Poco prima di partire, aveva salutato il resto del gruppo con uno sguardo distante. Solo Nico non era lì. Ma in fondo, pensava, era giusto così. Avevano preso strade diverse. O almeno, per ora.

Elyas caricò il piccolo veicolo elettrico. Si voltò verso di lei con un sorriso misurato.

“Pronta?”

Lyra annuì. Salì a bordo.

La miniera alle loro spalle si fece piccola. E, senza che lei lo sapesse, anche il Tribunale.

Perché in quel momento, in quel preciso istante, due strade si stavano aprendo.

Una verso la fiducia cieca.
Una verso la verità che stava per tornare alla luce.