Il volto nel silenzio
Il giorno dopo, all’alba, il segnale del Tribunale tornò attivo. Ma stavolta non c’era alcun volto sotto processo. Solo un messaggio semplice, incastonato in uno sfondo grigio:
“Convocazione ufficiale n. 002 Nome: Iléane Tharès, Ministra delle Comunicazioni Alias: Strega del Silenzio Tempo per rispondere: 48 ore”
Poi, il silenzio. Nessuna voce, nessun commento. Solo la sabbia che scorreva nella clessidra globale.
Iléane Tharès non rispose. Non nei primi minuti, né nelle prime ore. Il suo volto non comparve in diretta. Nessun portavoce. Nessun comunicato. I canali ufficiali tacquero. Ma nel vuoto, emersero sussurri.
"L’hanno vista partire in elicottero due notti fa." "Pare sia sotto protezione militare." "Una trasmissione radio locale è sparita dopo aver detto il suo nome."
Lyra ascoltava tutto in silenzio. Ogni segnale veniva intercettato, decodificato, archiviato. Nico, intanto, si confrontava con i nuovi arrivati su cosa fare. La questione era seria: cosa fare se un convocato non si presentava?
Fu Elian, l’interprete ONU, a proporre una linea:
"Se ignorano la convocazione, dobbiamo procedere comunque. Con i dati, con le prove. Mostrare tutto."
La sala rifletté in silenzio. Alcuni annuirono, altri scambiarono sguardi cauti. Lyra osservò Elian con attenzione: era calmo, preparato, forse troppo. Ma si limitò a memorizzare quella sensazione.
Durante le ore successive, si intensificarono i tentativi di bloccare la trasmissione. I segnali vennero oscurati in diversi Paesi. Le dorsali principali vennero rallentate. Alcuni nodi secondari scomparvero. Eppure, nuovi canali spuntavano altrove: emittenti clandestine, stream ridondanti, persino stampati di emergenza in braille nelle comunità isolate.
“Continuate. Vi stiamo vedendo.”
Uno di questi messaggi apparve persino su una parete digitale in una metropolitana, dove qualcuno era riuscito a bucare la rete pubblicitaria.
Nel quartier generale improvvisato del Tribunale, il ritmo aumentava. Gruppi autonomi si occupavano ora della replica distribuita. Era nato un team chiamato “Eco”, con il solo scopo di garantire che ogni parola trasmessa potesse essere riascoltata anche in caso di totale blackout.
Ma la notte del secondo giorno, alle 03:47, l’intera struttura perse energia. Niente luci, niente rete. Solo il sibilo di un generatore d’emergenza che tentava di accendersi. Non ci riuscì.
“È un attacco fisico,” sussurrò Nico, mentre scorreva gli ultimi log memorizzati.
Lyra si mosse nella penombra verso la mappa cartacea. Avevano previsto uno scenario simile, ma non così presto. “Prendete solo l’indispensabile. Dobbiamo spostarci.”
Il Tribunale diventò un’ombra. Un convoglio. Una manciata di volti conosciuti che si muovevano tra cunicoli, stazioni dismesse, furgoni blindati. La trasmissione fu interrotta per 36 ore.
“Dove siete finiti?” “Il Tribunale è stato spento?” “Bugia globale?!”
Fu una giovane ingegnera del gruppo “Eco” a riattivare il primo nodo. Una diretta essenziale, con sfondo nero e solo una scritta viva:
“Non siamo spariti. Stiamo camminando.”
Nella nuova sede temporanea — un teatro abbandonato in una città non identificata — Lyra convocò tutti.
“Siamo ufficialmente diventati un bersaglio mobile. Questo cambia tutto.”
Eloise Mahr prese la parola: “Da oggi, ogni nodo sarà autonomo. Stesso messaggio, più voci. Più luoghi.”
Un ragazzo alzò la mano. “Ma se ci seguono ovunque…? Se sanno sempre dove siamo?”
Fu in quel momento che Lyra e Nico si scambiarono uno sguardo. L’ipotesi si fece solida. Una talpa?
“Non facciamoci divorare dal sospetto,” disse Nico. Ma la tensione era palpabile.
Proprio mentre completavano l’installazione del nuovo punto di trasmissione, apparve un nuovo messaggio:
“Iléane Tharès ha risposto. Domani, ore 19:00.”
Lo sconcerto fu immediato. Era lei? Era autentico?
Il giorno successivo, con i collegamenti ancora instabili, la diretta riprese. L’immagine era reale: Iléane Tharès, impeccabile, fredda, collegata da un ambiente neutro. Disse solo:
"Sono qui per cortesia, non per dovere. Voi non avete autorità su di me. Io sono la voce, non il silenzio."
Poi, si spense. Ma il processo non si concluse. Qualcosa si era incrinato.
Un’anomalia tecnica nei log fece emergere la verità: un nodo di backup, utilizzato solo da pochi, era stato localizzato da un attacco incrociato. E da lì… era partito un flusso di metadati. Nico non esitò.
“È lui,” disse. “Elian.”
Il Tribunale, in silenzio, lo convocò. Elian non negò. Cercò di spiegarsi:
"Mi avevano promesso una carriera. Visibilità. Un futuro come leader di pensiero. Quando ho accettato di infiltrarmi, credevo che nessuno avrebbe sofferto. Che avrei potuto... controllare."
I suoi occhi erano gonfi, la voce incerta.
"Ma ora ho perso tutto. Loro hanno chiuso i canali. Mia moglie mi ha lasciato. Mio figlio non mi parla più. Per il mondo, io sono solo un traditore."
La giuria venne convocata per una seduta d’emergenza. Per la prima volta, un processo con due volti: la leader che aveva disprezzato la convocazione e il collaboratore che l’aveva tradita dall’interno.
Elian si disperò. Tharès si chiuse nel silenzio.
Il verdetto fu unanime.
Colpevoli.
Qualche giorno dopo, un’immagine iniziò a circolare nei flussi alternativi. Un uomo solo, seduto sul bordo di un ponte. Nessun corpo fu trovato.