Semi di rivolta
Partirono prima dell’alba.
Nessuna rotta diretta, nessun segnale acceso. Solo mappe cartacee, coordinate memorizzate a mente e silenzi calibrati. Il viaggio verso il punto segnato nel messaggio era lungo, e nessuno sapeva cosa li aspettasse davvero.
Eppure, strada facendo, fu il mondo stesso a sorprenderli.
Il primo segnale lo incontrarono in una piazza deserta, dove un gruppo di giovani aveva disegnato con vernice indelebile la frase:
“Il Tribunale non è morto. Lo siamo noi se smettiamo di ricordare.”
Non c'erano firme. Solo un QR code che rimandava al frammento della trasmissione "Siamo ancora qui".
Più avanti, a un distributore abbandonato, trovarono scioperanti accampati attorno a bidoni incendiati. Quando Nico chiese con cautela se avevano bisogno di qualcosa, uno rispose:
“Abbiamo bisogno di giustizia. Se voi siete davvero quelli che parlano alla memoria… allora grazie, e non smettete! Perché la vostra voce ci ha svegliati.”
Lyra non disse nulla. Ma strinse più forte le mani attorno al volante.
Superarono zone in cui la polizia non entrava più, ma in cui la gente si organizzava da sola. Cucine collettive. Proiezioni notturne. Letture pubbliche degli atti del Tribunale. Bambini che giocavano con maschere di carta raffiguranti Nico, Lyra, Eloise.
“Sembrano eroi,” mormorò Eloise. “Non sanno quanto siamo fragili.”
“Forse è questo che ci rende utili,” rispose Nico.
In una piccola città industriale, blocchi stradali avevano fermato il traffico per ore. I manifestanti esponevano cartelli contro un datore di lavoro legato a una delle multinazionali coperte dalla Strega. Un cartello in particolare colpì Lyra:
“Se la verità non esiste, allora la costruiamo. Qui.”
Più viaggiavano, più vedevano germogliare qualcosa che non avevano osato sperare. Non erano più soli. Il Tribunale, nonostante le ferite, era diventato seme.
E il seme, adesso, era radice.
Le coordinate li portarono in un ex-sito di smistamento minerario, ai margini di una regione desertificata. Nessuna sorveglianza. Nessun drone. Solo vento e ferro arrugginito.
Li attendeva un uomo solo.
Tuta scura, volto scavato, sguardo vigile. Un passato militare. Un presente ambiguo.
“E così siete venuti,” disse. “Meglio di quanto pensassi.”
Lyra lo fissò. “Sei tu la fonte?”
“Preferisco dire: sono il resto.”
Un attimo di silenzio.
Poi l’uomo gettò a terra una sacca isolata termicamente. Al suo interno: hard disk, memorie cifrate, videocassette convertite, una cartella con foto stampate e firme.
“Qui dentro c’è tutto. Nomine. Bonifici. Ricatti. Prove inoppugnabili. Consegne segrete. Appalti. Persino una sua conversazione con due capi di stato. Registrata.”
Nico si avvicinò. “E perché ce lo dai?”
“Perché ho servito la Strega per anni. E quando ho smesso di essere utile, ha tentato di farmi sparire. L’unica ragione per cui sono vivo è che non sa ancora dove sono. E se le cose andassero male... preferisco che almeno qualcuno possa finire il lavoro.”
Eloise fece un passo avanti. “E cosa vuoi in cambio?”
L’uomo sorrise. Triste. “Niente. Nessuna protezione. Nessun nome. Nessuna alleanza. Me ne andrò da solo. Se fallite, voglio almeno che lei non mi associ a voi. Se vincete… tanto meglio.”
Lyra non disse nulla. Ma prese il materiale. Con mani lente, come si prende un neonato o una bomba.
Il pentito si voltò.
“Vi diranno che è troppo tardi, che tanto tornerà qualcun altro. E magari sarà vero. Ma la Strega ha fatto troppo. Questa volta può cadere. Fatela precipitare.”
Si allontanò tra i fumi aranciati dell’alba. Un’ombra stanca, senza più radici.
Quando fu abbastanza lontano, Nico si chinò sulla sacca. Aprì uno dei file criptati.
Le prime immagini mostravano un volto coperto, una stanza elegante, e un uomo che piangeva mentre confessava di aver ricevuto ordini “da lei”.
In un secondo file, un audio, si sentiva chiaramente la Strega vantarsi dell’omicidio di un uomo per spaventare un testimone scomodo.
“Questa volta non basta pubblicare. Questa volta andiamo anche alla polizia.” Esclamò Nico. “Deve pagare!”
Lyra chiuse gli occhi. Sentì la terra sotto le scarpe, il rumore dei cortei lontani, i graffiti sulla strada, le voci della gente.
Forse questa volta era vero.
E forse, per la prima volta, avevano in mano non solo la verità. Ma anche il peso per farla cadere.
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